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Musica italiana, 1° puntata, Francesco Guccini

  • Immagine del redattore: Red in Italy
    Red in Italy
  • 12 lug 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Inizio questa sottocategoria della rubrica dedicata agli stranieri in Italia da un punto a caso. Non ho intenzione di percorrere la storia della musica italiana, anche perché non ho le competenze per farlo in modo accurato. Desidero spingere gli stranieri a fare quello che gli italiani (e non solo) hanno fatto dal dopoguerra a oggi: cercare di conoscere la lingua e la cultura inglese e americana attraverso la musica. Grazie alla musica, noi abbiamo appreso i primi rudimenti della lingua e ci siamo fatti un’idea dello stile di vita dei popoli anglofoni.

Partiamo da Francesco Guccini. Non perché i migliori cantautori italiani siano dieci spanne sopra a tanti musicisti internazionali famosi, per contenuti, uso della lingua e ricerca musicale – cosa per altro vera. Partiamo con Guccini per la semplice ragione che in questi giorni sto riascoltando un suo live intitolato Dalla Via Emilia Al West, l’unica cassetta che avevo da adolescente di questo musicista. Il resto della sua produzione storica è a me noto per lo stesso motivo per cui si conoscono le canzoni dei Beatles: non c’è bisogno di possedere un disco del gruppo per sapere cosa suonano perché la loro musica è presente ovunque. Così accade con Guccini se si cresce in certe famiglie, in certi periodi storici.

Cerco online alcune informazioni sull’album, così che non dobbiate farlo da soli: il disco è del 1984, è il quarto live del musicista e racchiude canzoni registrate in 4 concerti diversi. È un album doppio, che racchiude 18 canzoni, tutte considerati già dei classici all’epoca della registrazione.

Ecco due parole sul significato del titolo (dall’introduzione fatta dal cantante a inizio concerto): “La via Emilia tagliava Modena in due; la strada dove abitavo, da una parte, si incrociava con essa. Dall'altra parte c'erano già gli ampi campi della periferia. Erano un po' il nostro West domestico: bastava fare due passi, o attraversare una strada, e c'erano già indiani e cow-boys, cavalli e frecce; c'era, insomma, l'Avventura, tradotta in "padano" dai film e dai fumetti.”

Finiti i preamboli, entriamo nel merito. Stamattina ascoltavo la canzone intitolata Venezia e mi sono soffermata sul testo, smettendo di cantarlo sovrappensiero, come si fa con le canzoni note. I vocaboli sono ricercati, ma il testo risulta fluido all’orecchio, le immagini sono cinematografiche, create con pochi dettagli significativi. Se questo non bastasse, c’è la storia di una donna che corre parallela a quella di una città: Venezia e Stefania, entrambe raccontate dal cantautore mentre cambiano sotto i suoi occhi. Stefania non è più la compagna di giochi, ma una cara amica che muore di parto in un’epoca moderna, dove queste cose non dovrebbero accadere. Venezia è sempre meno familiare, malinconica nel suo svendersi ai turisti.

Quello che colpisce della canzone è la sincerità di Guccini, che forse sta parlando veramente con un’amica morta e, come faremo anche noi, accenna a cose che solo loro due sanno, senza spiegarle apertamente al pubblico.

Quante cose in una sola canzone. Non basta: il quadro che ne viene fuori è crudo, una donna che muore da sola in una grande città decaduta, che non si è accorta di lei. Questo micro mondo perso nel macro esplode in alcuni passaggi e ci fa capire anche la visione generale dell’artista, pessimista rispetto alla condizione umana, anche se in fondo molto umana quando è il momento di amare gli uomini e la vita.

Questo è ciò che la canzone suscita in me, non sono un critico musicale e magari sono andata fuori strada.

Non parlerò di tutte le 18 canzoni, sarebbe folle, ma vi segnalo la mia preferita: Il Pensionato, una delle più belle descrizioni di vita comune che ho trovato in musica. Per concludere, ecco degli stralci di testo presi qua e là:

Auto ferme ci guardavano in silenzio

vecchi muri proponevan nuovi eroi.

Dieci anni da narrare l'uno all'altro

ma le frasi rimanevan dentro in noi. (Incontro)

Leone di San Marco

leone del profeta

ad est di Creta corre il tuo vangelo

si staglia contro il cielo

il tuo simbolo strano

la spada e non il libro hai nella mano. (Asia, canzone su Marco Polo)

La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven-up

e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità

come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill

mentre i sogni miei segreti li rombavano via i TIR. (Autogrill)

I testi sono molto fitti, quindi vi consiglio, soprattutto se siete stranieri, di leggerli con la musica in sottofondo, di modo da avere il giusto ritmo che dà senso alle frasi.

L’Italiano all’estero è considerata una lingua musicale, anche se la nostra musica ha avuto poco successo in ambito internazionale in epoca moderna. Iniziando a conoscere i migliori musicisti italiani non solo apprezzerete di più questa lingua, arricchendo il vostro vocabolario, ma capirete anche come essa sia duttile in musica, se si esce dai generi imposti dalla comunità anglofona (rock, blues, rap). In realtà anche in questi generi l’italiano ci ha permesso di creare prodotti interessanti, magari vestendosi da dialetto per essere più diretta, ma questo è un altro argomento. Ne parleremo più avanti.

Vi auguro buon ascolto.

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