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Energia e comprensione


Il lavoro assegnatomi da Cristiana mi ha permesso di capire molte cose. Dallo scarabocchio io avevo estratto una mosca e una lampadina e avevo scritto sul foglio mosca+luce.

Questa mossa aveva bloccato il soggetto, che continuavo a ripetere nelle seguenti elaborazioni. Lavoravo sulle linee, diversificavo la tecnica, provavo a togliere la luce, ma sempre a un’idea di insetto mi rifacevo.

Ho letto alcune riflessioni di Mirò e guardato i suoi lavori, già visti dal vivo in passato ma mai compresi.

Anche in passato avevo a lungo osservato prima di tracciare il segno, continuavo, però, a buttarmi sul foglio come un’unna in cerca di prede, credendo così di dare sfogo alla mia vera io.

Oggi ho riguardato il primo scarabocchio e finalmente ho visto le linee direttrici da cui ero partita, prima di dargli il nome di mosca e di luce. Era quello ciò che volevo esprimere e, osservando con attenzione, potevo meglio mostrare ciò che nello scarabocchio avevo appena abbozzato. Ho anche capito che stavo sbagliando la posizione del foglio, che difatti dovevo girare in verticale. In pochi minuti ho capito il senso di quello che Cristiana cerca di spiegarci durante le lezioni.

Ho osservato, preparato la tempera nera e il pennello a punta, ho capito quali linee andavano estrapolate e le ho tracciate. Poi le ho rifinite con bordi sottili dove volevo avessero più forza, infine ho scelto tra i colori primari quale usare. Il rosso è stata la mia scelta.

Sentivo che una superficie piatta colorata avrebbe dato peso a tutta quell’energia mobile, ancorandola a terra e tramutandola in creatura compiuta. Ho tracciato un rettangolo che interseca la linea tra le più basse, mettendo così in equilibrio la composizione.

Inizio a capire il senso dell’arte astratta, ho capito che dare un titolo specifico all’opera la mortifica, trasformandola in qualcosa che non è più facile da comprendere. Ecco che dietro il foglio ho scritto verso la fine di novembre 2016. Questo è il titolo più onesto che posso dare, che mostra la mia energia in quella settimana e non stravolge il senso del mio lavoro.

Mi si è aperto un mondo all’interno di un’arte che spesso ho guardato senza comprendere.

Andiamo oltre: passeggiando per le Mura, poche ore dopo aver completato l’opera, ho capito che come ho confuso un disegno di pura energia per una mosca e questo simbolo mi ha impedito per un po’ di vedere quello che realmente stavo cercando, così faccio nella vita.

La musica metal non mi riguarda più, ho confuso la mia ricerca di energia mobile e verità oggettiva per il bisogno di seguire strade già battute, come quella dell’ascoltatrice di musica metal.

Credo che allo stesso modo sto confondendo l’America con altro, anche se non so cosa sia l’altro. Non posso forzarmi, devo darmi il tempo di capire, altrimenti se rinunciassi ora ai miei sogni così come sono pensati, sarei infelice per sempre. Se capisco dove sbaglio e cosa realmente sto cercando, il mutamento sarà naturale. Passeggiando ho capito che tutto è così, che il simbolo che attribuiamo ai nostri bisogni per capirli meglio li nasconde, così cerchiamo cose che non ci servono e non ci soddisfano. Il tipo di uomo che crediamo di desiderare, il lavoro, la musica, molte cose funzionano così, tanto che mi sono sentita un po’ sopraffatta, prima eccitata e poi stanca e allora ho dovuto fare una pausa. Ci vuole tempo per maturare, anche se questo non vuol dire rimandare, ma coltivarsi ogni giorno con la consapevolezza che le prese di coscienza sono sporadiche e improvvise.

Thoreau avrebbe dovuto aprire una scuola per diffondere le sue scoperte, una scuola serale gratuita di filosofia naturalistica; Hemingway avrebbe dovuto spiegare ai ragazzi a scuola l’importanza della parola limpida per un onesto sviluppo dell’uomo; Leopardi anche avrebbe dovuto insegnare. Non lo hanno fatto e li capisco perché è difficile stare tra gli altri, tra coloro che per funzionare nella società ottundono la mente, mentre la tua intera vita è concentrata nel capire. Fanno paura loro. Come è facile rifugiarsi nella solitudine con mille scuse, o nell’abuso di sostanze che ci proteggono dalle tempeste dell’anima.

Erano uomini e non sono riusciti, io sono donna e lo farò. Non perché essere donna sia una condizione privilegiata che mi permette di realizzare di più, ma perché come donna questa società mi ha dato meno, non ho ruoli comodi o alibi dietro cui ripararmi e questo mi consente di portare lo sviluppo del mio essere sino in fondo. Crescere tanto senza condividere è un peccato che l’universo in sé riconosce. Sperare che il solo esempio basti, come farebbe un albero che sa sopravvivere all’inverno meglio dei suo simili, è illogico perché siamo uomini.

Come ha fatto Francesco d’Assisi a superare il terrore che si prova nell’affrontare gli altri senza maschere?

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