Muoviamo le idee
- Red in Italy
- 22 ago 2016
- Tempo di lettura: 3 min

L’Italia vista dalla stampa estera: il presidente Tal De Tali è stato investito da uno scandalo per aver accettato ingenti bustarelle da un amico imprenditore e aver esercitato pressioni sulla stampa per mettere a tacere la vicenda, tanto che alla fine si è dovuto dimettere. La ditta X è stata implicata in un giro di fondi neri pari a 1,3 miliardi di euro, con cui si era creato un sistema di pagamenti in nero attraverso contratti di consulenza fittizi. L’aeroporto di Vattelapesca è ancora in attesa di essere inaugurato, dopo continui ritardi e una situazione che è stata definita il festival degli orrori: 60 chilometri di tubature di raffreddamento non isolate, scale mobili troppo corte, cartelli per le uscite di sicurezza che portano contro un muro, e via di questo passo. Da dove ho preso queste informazioni? Dai giornali francesi o americani? Nessuno dei due.Vi ho fatto uno scherzo. Le notizie sono vere, ma le ho prese dal bel libro L’Italia Che Non Ti Aspetti, di Antonio Cianci e Angiolino Lonardi, libro uscito nel 2013 e ancora attuale. Dov’è lo scherzo? Dovete sostituire a Tal De Tali il nome di Christian Wulff, presidente della Repubblica federale tedesca, alla ditta X il nome Siemens e a Vattelapesca Berlino, città che sta invano aspettando un nuovo aeroporto. Quelle cose che diamo per scontato essere a marchio Made in Italy, cioè ruberie, truffe e ritardi cronici, non hanno copyright e riescono molto bene anche ai popoli che dichiarano di essere incapaci di farle. Si tratta di notizie un po’ vecchiotte però e questo in qualche modo le rende di minor impatto. Proviamo a cercare qualcosa di più recente allora. La Deutsche Bank è in crisi e i suoi vertici continuano a dire con tale convinzione che la banca è solida, da aver fatto venire in mente ad alcuni analisti un illustre precedente che rispondeva al nome di Lehman Brothers. Il giornalista tedesco Roland Tichy denuncia 400 mila profughi non identificati presenti in Germania. La Volkswagen, azienda simbolo della Germania con partecipazioni statali e dei sindacati, il 28 giugno del 2016 ha siglato un accordo con le autorità americane, in cui s'impegna a risarcire 500 mila proprietari di veicoli coinvolti nello scandalo delle emissioni truccate e a stanziare 2,7 miliardi di dollari da versare nell'arco di tre anni (da un articolo de Il Sole 24 Ore del 29 giugno 2016). Andando a verificare la situazione dell’aeroporto di Berlino, si scopre che dalla pubblicazione del libro citato ben poco è cambiato. Il cantiere del BER (questa sarebbe la sigla del nuovo scalo) è stato avviato nel 2005 e doveva terminare nel 2007, poi la data dell’inaugurazione è stata spostata al 2012, poi al 2013, poi al 2014. Nel 2012 la Lufthansa ha dovuto affrontare delle cause giudiziarie per colpa dei biglietti già venduti. Per “l’emergere di ulteriori grossolani errori di progettazione” l’apertura è fissata al 2017. I costi sono saliti da 2,2 miliardi di euro a 8. Secondo Andreas Wasserman del giornale Die Spiegel, fonti interne dicono che non è credibile un’apertura prima del 2018. Il punto in comune dei tre disastri – Deutsche Bank, Volkswagen e BER – è l’eccesso di ambizione, conclude l’articolo di Roberto Brunelli dell’11 marzo, apparso sul Venerdì di Repubblica. Prima e dopo, nulla cambia in Germania, come in Italia. Nessuno è peggiore, nessuno è migliore. Muovete le vostre idee, fatele girare come foglie di thè nel bicchiere, altrimenti il brodo dei vostri pensieri rimarrà insipido. Muovete le idee, gente, muovetele sempre.



















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