La tua chitarra non è una croce, per fortuna
- Red in Italy
- 3 gen 2017
- Tempo di lettura: 8 min
Questo articolo è datato marzo 2014, periodo in cui ancora scrivevo recensioni di dischi e interviste per Rockshock.it. I miei articoli finivano nella sezione hard’n’heavy, di cui a un certo punto sono diventata caporedattrice, per cui spesso ricevevo il materiale direttamente dalle piccole etichette e promoter, potevo proporre gruppi a mia scelta e in generale avevo una certa libertà di manovra. Di lì a poco avrei lasciato, non prima di essermi tolta un’ultima soddisfazione: intervistare i Skid Row dal vivo e recensirne il concerto. Fatto ciò, non c’era più nulla da spremere da quell'esperienza, era ora per me di affrontare nuove sfide − la successiva fu di scrivere e pubblicare il mio primo libro.
L’articolo è un po’ lungo, ma ha un senso, per questo non l’ho tagliato. Rappresenta bene il mio stato d’animo d’allora e mi ci ritrovo anche oggi, dopo che ho letto l’ennesima biografia del chitarrista di turno, che a 70 anni suonati non è ancora in grado di leggere in modo critico la sua esperienza e cerca di vendere alle nuove generazioni le stesse fandonie che hanno abbindolato la mia: il musicista che parte dal fondo della scala socio-economica (di solito da una famiglia piccolo borghese, che è sempre pronta a parargli le spalle mentre lui giocare a fare il musicista pezzente), che con stenti e fatica riesce a vivere di musica (in un’epoca in cui l’intrattenimento dal vivo era d’obbligo in tutti i locali, un po’ come fare i fabbri prima della rivoluzione industriale), che grazie alla sua voglia di fare (soldi) sfonda nel grande mercato e butta i suoi guadagni in macchine lussuose e case nuove di zecca, finendo per fuggire dal suo Paese al momento di pagare le tasse. Quello che a me oggi appare un fortunato bambinone, cresciuto agli albori del mercato discografico e che grazie alla sua collocazione privilegiata (Inghilterra, Stati Uniti) è riuscito a fare della sua grossolana fantasia un mestiere ben remunerato, cerca di passare per un divertente, tenace artista che ha saputo sperimentare e lanciare nuove sonorità (tentativi da ubriachi che ogni tanto sono andati a segno, esperimenti che se fossero stati tentati da una donna, l’avrebbero condotta fuori dalla sala prove, se non in un ospedale psichiatrico).
Io sono stanca delle stronzate. Nel musica, nel Made in Italy, nel modo in cui la gente viaggia, compra, culla in grembo ideali che non rispetterà mai. È una stanchezza che mi logora lentamente e che si placa solo quando dico “il re è nudo!”. Ieri, come oggi, questo è il mio motto. Di seguito alcune mie riflessioni sull'argomento metal, musica alternativa o come volete chiamarla.

Il mito della musica ribelle è fasullo.
La musica non è questo, o almeno non è solo questo, ma molta gente si consola con questi sogni dopati: la fuga, la sigaretta che si accompagna all'alcool, la sfuriata come mezzo per affermare se stessi. Io c’ero dentro, quindi so di cosa sto parlando.
Ogni volta che la vita si fa dura, tu mandi tutto in fumo perché credi che tanto qualcosa di molto esaltante succederà a te che sei una persona speciale.
Se la religione ti fa sopportare una vita penosa grazie a false consolazioni, evitando che tu ti prenda la responsabilità di vivere, la musica ti allontana dallo stesso obiettivo, anche se in modo diverso.
Attenzione!
Non sono una reazionaria. La musica è parte essenziale della mia vita, ho avuto amici musicisti e scrivo − con molta ignoranza − di questo argomento.
La musica è fatta di gente che s’impegna e studia una vita intera, gente che riesce a vivere della propria passione e smette d’invecchiare perché è coinvolta ogni giorno in un progetto che ama.
Adesso possiamo proseguire.
La nebbia
Ti guardi allo specchio e vedi una persona speciale. È vero.
Ma finisci per puntare sul cavallo sbagliato: invece di rafforzare te stesso per ottenere quello che meriti di raggiungere, credi che una magia ti permetterà di emergere.
E’ così subdola quest’illusione di stare dentro un cerchio magico, che non ti rendi conto che diventi grande e non cresci mai, non parti mai, sogni e basta.
Voglio la pelle British!
Se penso ai musicisti metal esterni al mondo anglosassone, il quadro è davvero deprimente. Troppi inseguono uno stile di vita squilibrato e si appoggiano all’idea di raggiungere un successo planetario (cioè in Europa, USA e Giappone), che in realtà non arriverà mai. Avere a che fare con un mercato più frammentario di quello americano e parlare una lingua marginale, rende il progetto di riuscire a produrre gli stessi numeri dei colleghi inglesi o americani un’utopia.
Ma tu continui a credere alla bugia che ce la farai a sfondare, prima o poi.
“Uno su un milione”, cantava Axl Rose, e anche quel fortunato finisce per credere al mito di dover vivere come se fosse immortale. Che ne sarà della qualità della sua vita?
Un ritmo personale è comunque precisamente scandito
Essere un artista sicuramente può prevedere una maggiore vulnerabilità, oltre al bisogno di seguire ritmi di vita che escano dai normali schemi lavorativi e sociali.
Ma comunque ci sono dei ritmi e delle scadenze. Invece ci hanno venduto la bugia dell’ispirazione che basta a se stessa, della droga accompagnata al successo.
Se non ti eserciti tutti i giorni non combinerai niente, quando ti droghi o bevi fai semplicemente schifo.
Ti fanno credere che il successo viaggi senza regole.
E poi ti dicono che vivrai libero.
Però devi vestire così, agire così, gesticolare così. La cosa è uscita dal palcoscenico e dal senso della misura, intrappolando tutti i simpatizzanti in una specie di setta per iniziati. Fuori da essa, fuori dal cerchio magico. Dov’è la libertà?
Scrivere sotto il totalitarismo della musica
Non sono nessuno e seguo la corrente. Non mi pagano per scrivere e sto imparando con l’esperienza. Capisco certi segnali a istinto e mi metto nella scia di chi mi precede: fan sfegatati e gente del settore che mai usciranno dai limiti. Di quale limite sto parlando?
Facciamo un esempio: posso chiedere a quella band venerata perché considerata fondamentale per il genere in Italia “Forse non avete sfondato perché non vi siete impegnati abbastanza?”
Ok, non avrei il coraggio di farlo. Allora posso scrivere sul mio articolo che non possiamo continuare a baciare loro i piedi solo perché hanno fatto qualcosa di un po’ più estremo in anni dove in Italia c’era una società più rigida? − ma siamo sicuri poi di questo, o si tratta dell’ennesimo cliché fasullo, venduto per vero?
Se i Saxon sono stati ospiti al festival San Remo negli anni ‘80, possiamo smettere di venerare questi presunti trasgressori del bigottismo italiano? Possiamo dire che il metal è stata un genere di moda tra i ragazzini bianchi, non un covo di rivoluzionari controcorrente?
Si può dire onestamente che anche se fanno bella musica, a certi gruppi italiani forse mancava l’originalità e l’impegno per sfondare sulla scena internazionale?
Basta nascondersi dietro la solita scusa “In Italia il metal non va, se fossero stati all’estero, allora ….”
Allora cosa? Probabilmente li avrebbero fischiato subito se non dimostravano di valere sul serio, invece di metterli una nicchia dorata perché in circolazione non c’era di meglio.
Io ce l’ho con nessuno di preciso e con tutti.
E’ sempre più difficile recensire album che sono l’ennesima imitazione di altri dello stesso genere.
E’ difficile anche affrontare i testi triti e le solite dichiarazioni dei promoter: vi manderemo fuori di testa, preparatevi alla cavalcata più violenta della vostra vita, le tante influenze dei componenti hanno creato qualcosa di unico e originale – mai.
Non per forza ci devono essere grandi cambiamenti nei contenuti: i sentimenti umani sono quelli, i problemi che affrontiamo tutti i giorni non cambiano.
E’ il modo: molti sembrano rimasti intrappolati in una bolla creata a cavallo tra gli anni ’70 e i primi ’90, che ancora non è esplosa.
Sembra di sprofondare in un nuovo Medio Evo culturale, a combattere ancora con il mito della droga, l’abuso di qualsiasi sostanza, le corse in auto e così via. Non che queste cose non continuino ad essere divertenti per molti, ma basta venderle come accessori necessari di uno stile di vita ribelle. Ribelle rispetto a che? Alla tua realizzazione?
Siate autentici
Cantarle chiare è il più grande pregio di certa musica, avere lo stesso atteggiamento quando ci si guarda allo specchio sarebbe la logica conseguenza.
Esistono canzoni che hanno creato affreschi emblematici, nulla di meno importante di un dipinto del ‘400: si tratta di una testimonianza per le generazioni future che rende immortale il genere umano.
Ma un conto è cantare “I’m spasticus autisticus!”, come faceva il poliomielitico Ian Dury, con l’intenzione di sdoganare una condizione difficile da commentare ad alta voce, un altro è continuare a proclamarsi speciali rispetto a un mondo ostile, anche se ormai hai 50 anni, scegli le mogli in base a quanto assomigliano alle Playmate, non voti, non fai volontariato, spesso non paghi le tasse e ancora ti droghi. Sei tu il problema, non la società che ti circonda.. Sei tu il problema, non la società che ti circonda.
Crescere è una cosa da prendere in considerazione prima o poi. I punti di riferimento con cui giudichiamo il mondo devono spostarsi un po’ verso l’esterno. E’ facile essere sensibili, lo siamo tutti. Essere empatici è la difficoltà, e agire di conseguenza ancor più difficile.
Si potrebbero iniziare a scrivere testi tipo “ non uscirai dalla fabbrica passando i week end a bere” oppure “mi sono innamorato di un viso grazioso e una personalità più volubile della mia, non c’erano molte chance di costruire una relazione duratura”.
Perché no? Non sarebbe egualmente potente e fragile allo stesso tempo? Non sarebbe più vero?
Non ci meritiamo di spezzare le catene per scoprire da dove provengono le ombre? Avete presente il mito della caverna di Platone?
Musicisti, per Dio, uscite dalla caverna!
Metal Renaissance
Credo che solo questa uscita darà nuova linfa a un genere che molti continuano a decretare come morto, mentre altri danno la colpa di questa lenta agonia alla musica pop. E’ assurdo e allo stesso tempo emblematico di una mentalità che preferisce schermirsi dietro facili scuse invece di farsi un’analisi di coscienza.
Il pop c’è sempre stato, è la musica popolare, presente da quando esiste l’uomo: sonorità orecchiabili, tematiche facilmente digeribili, spettacolo ed emozioni che durano il tempo dell’ascolto.
Se il rock, il punk e il metal avevano obiettivi differenti, bisognerebbe ripartire da quelli.
L’estremismo fine a se stesso non fa più scena, manca ormai la controparte pronta a scandalizzarsi, tutto è stato sdoganato e tu dovresti cercare l’ultimo popolo aborigeno per farlo arrossire con i tuoi atteggiamenti provocatori.
Se il tuo potere dissacrante si fermava a quello, be’, allora sì che il pop ti ha fregato, perché mentre tu arranchi vestito di nero sotto il sole, lui saltella leggero nei suoi short fluorescenti e il pene di fuori.
Volevi fare il trasgressivo? Spiacente, lui ci fa ridere di più.
Il tuo vero obiettivo era di leggere con sguardo potente e diretto la realtà, toccando senza falsi pudori momenti di profondo lirismo, come fa certa musica colta che in Italia si assimila ai cantautori, ma con un’energia dirompente senza pari e un’incomparabile capacità di sintesi.
Questo volevi fare, giusto? E questo è possibile farlo a tutte le età, in tutte le epoche. Inizi parlando in modo confuso delle tue prime percezioni e delle ingiustizie che ti circondano, poi cresci e arricchisci le tue capacità espressive. Ma se sei veramente un puro, un iconoclasta, non puoi costruire una nuova dottrina entro cui rifugiarti. E’ questo il problema: sei diventato auto-indulgente. Chi canterà contro di te? Chi ti butterà giù dal piedistallo, se i nuovi adepti seguono fedelmente il tuo esempio, ormai incapaci di fare qualcosa che sia più di una pantomima?
Perché me la prendo tanto
Le bugie sono presenti in tutti i settori, ma è nella musica che io cerco la mia ispirazione.
E l’ispirazione nella vita deve essere sana, deve essere “ispiratrice”. Se vuoi combinare qualcosa di buono nella vita, essa deve essere continuamente ripulita dalle sciocchezze che si accumulano lungo la strada.
E’ importante scegliere accuratamente la propria ispirazione, io l’ho fatto, ma poi mi sono trovata in un pantano di menzogne. Questo non mi piace. E non sarò io ad andarmene.



















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