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Cinema italiano, 1° puntata, Il Ladro Di Bambini

  • Immagine del redattore: Red in Italy
    Red in Italy
  • 28 gen 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Inauguriamo la rubrica con un grande film, Il Ladro Di Bambini di Gianni Amelio.

Perché scrivo questi articoli sul cinema? Per lo stesso motivo per cui ho scritto quelli sulla musica: perché per chi deve imparare la lingua e la cultura di un popolo, i film e le canzoni sono il modo più coinvolgente per farlo.

Fare esercizi sul libro di grammatica è importante, in realtà solo così si assimilano le regole di una lingua, ma è noioso. Dopo un po’ la mente fugge altrove, ci sentiamo stanchi e riviviamo i momenti peggiori della scuola, quando avremmo voluto guardare i cartoni animati e invece dovevamo studiare matematica. Solo pochi adulti hanno lo stomaco abbastanza forte da ripercorrere volontariamente quei momenti traumatici per imparare una lingua straniera. Certo, magari dovrebbero farlo tutti, perché anche chi vive nel proprio Paese ha più opportunità, soprattutto di lavoro, se conosce più lingue.

Questo vale nel mondo del se, nella vita reale le cose funzionano diversamente: anche chi è costretto a parlare una lingua straniera tutti i giorni, si accontenta di farlo male perché studiare grammatica è una gran pena.

I film e le canzoni ci vengono in aiuto e rappresentano un buon compromesso tra lo studio serio e l’ignoranza. Inoltre grazie a loro esercitiamo anche la comprensione, cosa che sui libri di scuola non si può fare. Capire una lingua straniera mentre la batteria suona in sottofondo o chi parla sta bisbigliando è il traguardo più importante che possiamo raggiungere, insieme al farci capire quando apriamo bocca. Ottenute queste due cose, grammatica o no, siamo pronti per affrontare i madrelingua che ci aspettano dall’altra parte.

Per imparare una lingua i film vanno tutti bene, come le serie TV e il telegiornale. Ma per conoscere la cultura di un Paese è meglio fare una scelta più accurata, avvicinando quei registi che sono stati capaci di raccontare il momento storico che stavano vivendo, quegli attori che, come uno specchio, sanno riflettere in modo autentico tic e abitudini dei connazionali.

All’estero c’è questa strana idea che il cinema italiano sia stato grande solo fino a un certo momento, cioè fino a quando ne hanno sentito molto parlare per il gossip (la Dolce Vita e la Cinecittà del passato). In realtà non abbiamo mai smesso di lavorare, sfornando film belli e brutti e continuando a fare la storia del cinema, come ogni nazione con un’importante industria cinematografica.

Ricordo un componente dei Monty Python, mi sembra fosse Terry Jones, che durante un’intervista alla TV italiana espresse proprio questo tipo d’ignoranza, con tutta la boria dell’imperialista in pensione: per lui il cinema italiano era stato grande con Antonioni, Fellini, poi basta. Soprattutto in relazione alla commedia, lui era convinto che non ci fosse stato più nulla degno di nota da dopo ai film di Sordi e Mastroianni.

È la stessa mentalità dell’italiano che va all’estero e si porta gli spaghetti in valigia, la mentalità di qualcuno che aveva 20 anni l’ultima volta che ha guardato il mondo, poi si è chiuso in casa a fare le sue cose con gli amici e da quel momento non è più cresciuto.

Di commedia in questa rubrica ne vedremmo tanta perché, come dicevo anche nel mio primo libro, credo che sia il genere migliore per raccontare le abitudini e le contraddizioni di una civiltà.

Oggi, invece, vi consiglio un film drammatico, che in realtà è solo realistico.

Il genere è secondario perché come ogni film scritto, diretto e interpretato bene, l’importante è che esista, non importa di cosa parla. Questa è la mia opinione.

Per voi che non lo conoscete, però, è giusto che dica qualcosa a riguardo. Il Ladro Di Bambini è la storia di un giovane carabiniere originario della Calabria che lavora a Milano e che si trova in una situazione difficile, forse troppo grande per la sua poca esperienza: deve portare due fratelli, un maschio e una femmina, in un istituto perché la loro mamma è stata messa in prigione. Il motivo? È il fulcro dell’intera storia: la madre faceva prostituire la bambina in casa sua, dove accoglieva i clienti adulti. Con quei soldi manteneva se stessa e i due figli.

Il film è un on the road perché i tre protagonisti, carabiniere e bambini, non trovano subito una soluzione ai loro problemi e sono costretti a spostarsi. Da Milano si arriverà in Sicilia, terrà d’origine dei due fratelli. Il finale è perfetto per un film che non forza mai la mano sulle scene dolorose, ma neanche fa nulla per rendere la realtà più dolce.

In un’epoca in cui in ogni programma TV è chiesto ai partecipanti di commuoversi a comando, mostrando le lacrime bene in camera, dove i sentimenti più intimi sono il richiamo per un pubblico-merce, da vendere agli sponsor presenti in ogni angolo dello schermo, vedere una storia così verosimile, leggera nel suo mostrarci il lato più degradato della società, è come bere un bicchiere d’acqua fresca.

Buona bevuta a tutti!

Ps: il film è del 1992 e il carabiniere è interpretato da Enrico Lo Verso, bravissimo nel fare bene l’attore senza farsi prendere la mano, anche questa una novità per noi spettatori ormai abituati ad attori che per farsi un nome o mantenerlo devono sempre esagerare, lasciandosi andare a sketch del tutto slegati dal contesto del film (in particolare penso agli americani nelle commedie).

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